Sistemi di sicurezza

1.  Premessa

In questa sezione trattermo alcune procedure di salvataggio che, purtroppo solo in poche particolari condizioni, possono mettere in salvo i marinai di un sommergibile in grave difficoltà.

Sono tante, infatti, le situazioni di grave emergenza che possono mettere in pericolo la vita dell'equipaggio di sommergibile. Per la maggior parte di queste non esiste un vero rimedio e quindi si combattono essenzialmente con la prevenzione e l'attenzione. Nella prevenzione c'è anche quella a livello progettuale: ossia l'attenzione del progettista nel considerare tutte le possibili avarie e cercare di individuare delle soluzioni sicure (ridondanza degli impianti, circuiti alternativi, doppie intercettazioni, etc.).

Tuttavia, per le più comuni situazioni di pericolo, i battelli sono dotati di sistemi impiantistici, individuali e collettivi, che possono consentirgli di sopravvivere in attesa dell'arrivo dei soccorsi esterni o, in casi estermi, di abbandonare il sommergibile in grave avaria.

Per pervedere queste situzioni di pericolo è necessario supporre degli scenari in cui il battello possa trovarsi e, nell'ambito di tali scenari, seguire delle procedure di sicurezza appositamente studiate ed impiegare strumenti all'uopo progettati.

Ma ripeto, ogni scenario è diverso da un altro, e soltanto alcuni scenari sono gestibili e fronteggiabili. Altri purtroppo no .... e per quanto possibile ... possono essere solo evitati con la PREVENZIONE !

 

 

2.  L'analisi dei rischi

 

Nell'arduo tentativo di schematizzare ed elencare le principali minacce, che sono spesso concomitanti e/o collegate tra loro e che possono essere determinate da varie cause, possiamo individuare:

 

2.a  Il superamento della quota massima/minima di esercizio.

Può essere deteminato da un'avaria improvvisa dei sistemi di governo (timoni bloccati a salire o a scendere) o da una brusca variazione del peso del battello. Nel caso del superamento della quosta massima, il rischio è quello di esporre il battello a pressioni idrostatiche tali da portare lo scafo al collasso strutturale (con la conseguente possibilità che si generino delle pericolose vie di ingresso dell'acqua - falle - e fino ad ad arrivare all'implosione dello scafo resistente).

Anche una rapida risaltita incontrollata (fino all'emersione) mette in grave pericolo il battello, specie in acque trafficate, per il rischio di collisione con eventuali unità di superficie presenti in zona. In caso di conflitto, l'emersione incontrollata è anche un prezioso "regalo" al nemico ... che può facilmente rilevare la presenza del battello per attaccarlo senza via di scampo.

Questo rischio, nei limiti del possibile, viene fronteggiato (oltre che con varie soluzioni tecniche presenti sul sistema di governo e con sistemi di rapido allegerimento/appesantimento del battello) anche attraverso la prevenzione. Esistono infatti delle Curve di Sicurezza che l'equipaggio deve rispettare e che impongono determinati limiti di velocità del battello quando lo stesso naviga in prossimità della quota min/max di esercizio. Ad esempio, quando navigo alla massima quota di esercizio, manterrò una velocità limitata ed eviterò di raggiungere la velocità massima (a quella quota, a velocità max, non sarei sicuramente in grado di contrastare rapidamente gli effetti di un timone bloccato a scendere, e andrei quindi sicuramente a superare la quota max).

Segue un esempio generico di tali Curve di Sicurezza (Safety Envelopes).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Considerando che le variazioni di quota possono essere causate da variazioni di peso e dall'azione dei timoni, si comprende che:

 

2.b  L'impossibillità di riemergere (o di risalire velocemente).

E' una situazione che può essere determinata da vari fattori e che sfociare in altrettanti scenari di emergenza.

 

Una causa potrebbe essere semplicemente riconducibile ad un danno strutturale di una o più casse zavorra. In tale contesto, l'invio di aria a dette casse, potrebbe non comportare lo svuotamento delle stesse. E' tuttavia poco probabile che tutte le casse zavorra presentino questo tipo di problema contemporaneamente; è quindi possibile che, in detta condizione, il battello sia comunque in grado di andare in affioramento (emersione parzial) e cercare di gestire il problema.

 

Un'altra causa potrebbe essere riconducibile all'impossibilità di inviare aria compressa alle casse zavorra; questo potrebbe accadere nel caso in cui l'aria stivata nelle bombole di accumulo sia insufficiente, o nel caso in cui sia in avaria il circuito idraulico (aria A.P.) che consente l'immissione dell'aria nella casse.

 

Nota: nel 1963 il sottomarino americano "USS TRESHER" affondò in circostanze anomale al largo delle coste orientali degli Stati Uniti (300 Miglia a est di Boston). Dopo lunghe analisi e ricerche (condotte con l'ausilio di batiscafi e anche grazie a registrazioni raccolte da alcuni sensori acustici presenti in zona) la dinamica dell'incidente fu acclarata in modo molto attendibile. A seguito di una grossa falla, il battello azionò l'invio di emergenza di aria alle casse zavorra (per alleggerirsi in fretta e risalire). Durante questa manovra l'aria compressa (in grande quantità) lascia le bombole di stivaggio e si va ad espandere nelle casse zavorra: questa rapida espansione genera una brusca diminuzione della temperatura. In tali circostante, l'umidità eventualmente presente nell'aria compressa tende a condensarsi e a solidificarsi. Si crearono pertanto dei veri "tappi" di ghiaccio che ostruirono completamente le tubazioni che portavano l'aria alle casse. Non fu quindi possibile completare l'esarumento delle casse zavorra, l'allagamento dovuto alla falla continuò, e il battello affondò senza poter contrastare l'effetto dell'appesantimento dovuto alla falla. Ad una quota non specificata lo scafo resistente implose tragicamente uccidendo l'intero equipaggio di 129 persone (Onore a Loro !). I resti del battello furono ritrovati su un'ampia area di un fondale sabbioso a circa 2600 metri di quota.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La ricostruzione della tragedia del USS TRESHER fu di grande insegnamento per tutte le Marine del Mondo, dotate di sottomarini. Da allora furono studiati sistemi e procedure mirati ad evitare l'accumulo di umidità all'interno dell'arica compressa stivata nelle bombole (filtri sull'aspirazione dei compressori, procedure giornaliere di spurgo delle bombole, etc.).

 

Per contrastare questo tipo di problemi, i sottomarini moderni sono dotati di un sistema di emergenza che consente la produzione autonoma di gas all'interno delle casse zavorra. Si stratta di sistemi chimici (monouso) ospitati in appositi contentiori posti direttamente all'interno delle casse zavorra; quando vengono attivati, si scatena una reazione che genera grandi quantità di gas in pressione, in grado di spingere l'acqua fuori dalle casse zavorra. Tale sistema avrebbe forse salvato lo USS TRESHER ed altri battelli affondati in circostanze similari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'impossibilità di emergere e di svuotare le casse zavorra, se il battello è condizioni normali (integro, con tutti gli altri sistemi in funzione), può anche non costituire una condizione di immediato pericolo. Con un graduale alleggerimento del battello (operato con le pompe, svuotando tutte le casse interne) si può portare lo stesso in affioramento e tentare di gestire il problema in relativa sicurezza.

 

Tutt'altro scenario si presenta nel caso in cui sussistano anche falle, o altre situazione di pericolo che richiedono l'emersione rapida (incluse quelle che richiedono un rapido ricambio dell'aria atmosferica interna del battello, a seguito di una situazione degrata di inquinamento - incendio, fumi, monossido di carbonio, anidride carbonica, cloro, idrogeno, etc.).

 

In caso di falla, ove la stessa non risulti controllabile, la mancata possibilità di inviare aria alle casse zavorra (per consentire una rapida risalita) porterà il battello ad affondare. Ove fortunatamente possibile, in questo caso, potremmo adagiarci su un fondale (all'interno della quota tollerabile dal battello): qui si apre un nuovo scenario di emergenza che studieremo in seguito (battello sinistrato posato sul fondo).

Se invece il fondale è oltre la quota massima sopportabile dallo scafo, la perdita del battello è inevitabile !

 

2.c  La falla e l'allagamento incontrollato

Una "falla" rappresenta una via d'ingresso dell'acqua di mare che entra in maniera incontrollata all'interno del battello; quanto sopra può avvenire attraverso una lesione dello scafo o di una tubazione in cui scorre l'acqua di mare, a seguito del cedimento di una valvola, etc. Attraverso tale via, l'acqua invade l'interno del battello. La portata di questa via d'acqua (quantità di acqua che entra nel tempo) sarà maggiore, quanto maggiore sarà la quota del battello (maggiore quota, maggiore pressione idrostatica, maggiore portata di acqua in ingresso).

Per questo motivo, in caso di falla, la prima manovra da intraprendere consiste nel diminiure la quota, avviando una rapida risalita (anche fino all'emersione, se necessario). Riducendo la quota, riduciamo infatti la pressione e, conseguentemente, la quantità di acqua che imbarchiamo nel tempo (portata).

Il secondo provvedimento consiste nella ricerca veloce della via d'acqua.

Se deriva da una lesione ad una tubazione interna, è sufficiente sezionare tale tratto della tubazione (agendo su valvole poste sul circuito, o su quelle a scafo).

Se la lesione è sullo scafo resistente, la situazione è molto più complessa e quasi impossibile da contrastare. Sarà quindi indispensabile l'emersione e, ove non gestibile con le pompe di bordo, può anche determinare la necessità di abbandonare il battello (fortunamente le lesioni a scafo, in tempo di pace, sono molto rare. In caso di guerra ... potrebbero essere molto più probabili).

Una volta interrotta la via d'acqua, si dovrà espellere fuori bordo l'acqua imbarcata (con le pompe assetto o sentina) per ristabilire l'assetto e occorrerà verificare che nessun componente elettrico sia stato raggiunto dall'acqua imbarcata (verifica isolamento, pulizia, manutenzione, etc.).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La falla individua due gravi situazioni di rischio.

Una di tipo idrostatico, determinata dall'incremento del peso del battello (dovuto all'imbarco dell'acqua) che, ove non prontamente contrastato, può determinare l'affondamento.

Un'altra di tipo elettrico, determinata dalla possibilità che l'acqua raggiunga impianti o quadri elettrici, provocando corto-circuiti o black-out e causando, quindi, il repentino mancato funzionamento di impianti vitali (di governo, etc.).

 

Nota: specie a quote profonde, una microlesione di un tubo acqua mare o dello scafo, provoca l'ingresso dell'acqua sotto forma di vapore nebulizzato. Quanto sopra (locale invaso da una vera nebbia) rende molto difficile l'individuazione rapida della via d'acqua e favorisce molto la possibilità che si generino corto-circuiti negli impianti  elettrici presenti nel locale interessato (che andrebbero prontamente isolati elettricamente, non appena possibile).

 

 

2.d  L'incendio

L'incendio che si sviluppa all'interno di un ambiente confinato costituisce una gravissima minaccia che va costantemente prevenuta !

Oltre all'effetto termico (ustioni, etc.) il suo effetto più devastante è rappresentato dalla formazione dei gas tossici derivanti dalla combustione (principalmente Monossido di Carboni CO) che, in pochi istanti, possono raggiungere e saturare tutti i locali di bordo.

In considerazione della grande densità di impianti elettrici ed elettronici, ma anche per problemi di tipo idrostatico (appesantimento) non è normalmente consgliato utilizzare l'acqua (di mare) per fronteggiare un incendio a bordo di un sommergibile. Gli strumenti a disposizione sono quindi gli estintori (fissi o portatili - a gas o a polvere) ed una maniacale attenzione preventiva !

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'incendio va quindi rapidamente individuato (questo richiede che tutti i locali siano costantemente presidisati o controllati a distanza) ed estinto nel modo più rapido possibile. Ove la produzione di fumi lo richieda, è indispensabile mirare subito ad un emersione (per consentire il ricambio dell'aria o l'evaquazione del personale non interessato alle operazioni di messa sicurezza). Sono inoltre normalmente disponibili delle maschere di emergenza che consentono alcuni minuti di sopravvivenza nei locali invasi dal fumo. Ma si tratta di strumenti dotati di scarsa autonomia e normalmente impiegati per la fuga in zona sicura.

Nel caso in cui l'incendio vada fuori controllo, l'unica priorità diventa il salvataggio dell'equipaggio che, oltre a stare in coperta, potrebbe anche essere costretto ad abbandonare il battello (specie se l'incendio raggiunge i locali batteria ove, la normale presenza di idrogeno, può comportare potenti esplosioni).

 

2.e  L'inquinamento dell'atmosfera interna.

Anche in assenza di fenomeni particolari (incendi, etc.), l'atmosfera interna di un ambiente confinato occupato dall'uomo (vale anche per le astronavi, etc.) tende a degenerare nel tempo. La respirazione umana, infatti, induce un progressivo consumo dell'ossigeno presente nell'aria e un contestuale incremento della percentuale di Anidride Carbonica prodotta dall'uomo. Questo vuol dire che, dopo un prolungato periodo senza ricambio d'aria, il sottomarino deve controllare la consistenza percentuale di detti gas, per intervenire opportunamente. Per fare questo, i battelli sono dotati di strumentazione dedicata che monitora costantemente la presenza di questa gas (e di altri).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'incremento della CO2 nell'aria è il fenomeno che si presenta per primo (molto prima che incominci a scarseggiare l'ossigeno). L'anidiride carbonica è molto tossica e può provocare la morte quando raggiunge una percentuale pari al 2-2.5 %, anche se già intorno all'1% provoca cefalea e nausea. Sia in condizioni operative che di emergenza, l'incremento della percentuale di anidride carbonica può essere contrastato mediante l'impiego di varie sostanze chimiche (ampiamente usate anche in ambito spaziale). Anche i sottomarini utilizzano alcune di queste sostanze:

- Calce Sodata (Soda Lime)

- Idrossido di Litio (LiOH)

- Perossido di Potassio (KO2)

Queste sostanze (di solito in polvere, confezionate in cartucce o distrbuite su materiali polimerici) quando vengono messe in contatto con l'aria satura di CO2, tendono ad assorbire il gas tossico, producendo calore. Vengono spesso usate in polvere (dentro speciali tende trasprianti) o su strutture plastiche (che possono essere appese, in strisce).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il loro impiego è abbastanza semplice e la reazione è piuttosto veloce anche se, a lungo andare, rendono l'aria molto secca. Si ricorre al loro impiego in emergenza (quando il battello non può riemergere o cambiare l'aria) o per ragioni operative, quando il battello non può fare snorkel (in quanto vicino a una minaccia, o in fase di pattugliamente occulto).

Nota: un battello con circa 50 persone a bordo, già dopo 8-10 ore, senza ricambio d'aria, si potrebbe rilevare una percentuale di CO2 pari all'1 %.

Nota2: Nei vecchi battelli italiani della II G.M. uno dei principali "sensori"  installati per verificare l'eventuale eccesso di CO2 .... erano dei GATTI ! L'anidride carbonica è più pesante dell'aria e, pertanto, si accumula prima in basso. Quanto i gatti si sistemavano in posizioni molto elevate, ed evitavano di stare in terra, era il segnale che la COcominciava ad aumentare.

 

L'abbassamento della percentuale di O2 nell'aria, avviene molto più lentamente. In condizioni normali l'ossigeno è presente nell'aria con un percentuale pari al 21-22 %. L'uomo tollera abbastanza bene un calo fino al 19-20%, ma sotto al 18% la situazione diventa poco sopportabile e molto pericolosa. In caso di lunghe permanenze in immersione, la percentuale di ossigeno può essere ripristinata con altri sistemi chimici in grado di produrre detto gas: in molti casi si usano delle cartucce dette "Oxygen Candles" (candele d'ossigeno) che, quando attivate, producono una reazione che immette ossigeno nell'atmosfera. Si tratta di una reazione chimica tra Clorato di Sodio (NaClO3) e Perossido di Bario (BaO2) che avviene a temperature molto elevate (400 °C) a seguito di un particolare innesco termico.  Alcuni moderni sottomarini AIP, dotati di ampie scorte di Ossigeno, possono anche immettere nell'atmosfera parte del gas stivato per gli usi propulsivi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'inquinamento dell'atmosfera interna di un sommergibile può anche essere determinato da altri gas che si possono sviluppare a bordo in modo accidentale.

 

Abbiamo giò parlato del Monossido di Carbonio (CO) che si sviluppa a seguito di una combustione. Oltre che dall'incendio, tale gas si può diffondere a bordo anche in occasione di avarie al sistema di scarico dei gas prodotti dai motori termici. Tali gasi, infatti, dovrebbero andare fuori bordo attraverso l'impianto Snorkel, ma può anche accadere che si riversino in parte all'interno del battello (valvole bloccate, mancato arresto del motore, etc.) provocando quelle che in gergo vengono chiamate "Affumicate". Anche in questo caso, la CO in atmosfera va tempestivamente rimossa mediante una rapidissimo ricambio dell'aria (emersione ed avvio di un motore).

 

Anche il Cloro (Cl) costituisce una minaccia. Può formarsi da una reazione tra la soluzione elettrolitica (Acqua distillata e Acido Solforico) delle batterie al piombo e l'acqua di mare, in presenza di un metallo (che funge da catalizzatore).

 

C'è poi il rischio legato all'anomalo accumulo di Idrogeno (H) prodotto dalle batterie al piombo (durante la fasi di carica, ad elevati regimi di corrente). In questo caso il rischio non è tanto correlato all'inquinamento, ma piuttosto alla possibilità di generare delle miscele esplosive molto pericolose.

Nota: per questo motivo, parte dell'aria che va all'aspirazione dei motori termici, durante lo Snorkel, viene prelevata direttamente dai locali batteria (che quindi, durante la carica, godono di un ricambio d'aria potente e continuo).

 

Nei vecchi battelli della II G.M., alcuni altri gas molto tossici provocarono gravissimi incidenti e tante morti. Tra questi c'era il famigerato Cloruro di Metile (CH3Cl), o Clorometano, che veniva impiegato come gas refrigerante dei primi impianti frigoriferi. Le (comuni) minime perdite di questo gas, dall'impianto, provocavano avvelenamenti lenti e micidiali. Fortunatamente, vennero presto sostituiti dal FREON e, successivamente, dai meno inquinanti gas privi di floruri (F-GAS).


3.  Sommergibile sinistrato appoggiato sul fondale

Si tratta di uno degli scenari di emergenza che può derivare da diverse cause accidentali e che risulta (o si spera che sia) tra i più probabili. Individua una condizione in cui il battello (integro o parzialmente danneggiato) e con l'equipaggio in salvo, non sia in grado di manovrare o risalire e si appoggi sul fondale (ad una quota compatibile con la resistenza strutturale dello scafo).
Si tratta di una situazione molto degradata in cui l'equipaggio deve decidere se attendendere i soccorsi esterni o intraprendere una delicata operazione di fuoriuscita (indiviudale o collettiva).































Nella prossima sezione analizzeremo in dettaglio questo scenario: i sistemi di soccorso esterno disponibili, le modalità di sopravvivenza dell'equipaggio in attesa dei soccorsi, i sistemi e le procedure di fuoriuscita che consentono all'equipaggio di abbandonare il battello e risalire verso la superfice. Questa branca della sicurezza dei sommergibili, denominata internazionalmente S.M.E.R. (Submarine Escape and Rescue), è molto seguita da tutte le Marine Militari dotate di sommergibili che, in tale ambito, cooperano in modo molto attivo (in particolar modo, dopo il tragico incidente del Sottomarino russo "KURSK").















Esiste anche un Ufficio internazionale di coordinamento di questa materia che si chiama I.S.M.E.R.L.O. (International Submarine Escape and Rescue Liason Office), attivo h24, e dotato delle capacità e degli strumenti per gestire rapidamente queste operazioni di soccorso, in tutto il mondo. https://ismerlo.org/
2021 - Giampiero Ranieri