Sommergibile "PULLINO"

Il Smg. PULLINO, dal nome del Gen. Ispettore del Genio Navale Giacinto Pullino che, negli anni fra il 1889 e il 1895, progettò e costruì il nostro primo battello subacqueo, il DELFINO (1°), era l’eponimo di una classe di due battelli (l’altro era il FERRARIS (1°)) costruiti nel R. Arsenale della Spezia alla vigilia della 1ª G.M.



Il Smg. PULLINO era stato impostato il 2 giugno 1912, varato il 21 luglio 1913 e consegnato alla Marina il 12 dicembre dello stesso anno.

 

 

Le sue caratteristiche tecniche erano:

- carena: tipo Cavallini a doppio scafo totale
- profondità max.: 50 metri
- dislocamento: 355 t (in superficie) – 405 t (in immersione)
- dimensioni: 42,30 m (lungh.) – 4,17 m (largh.) – 3,96 m (pescaggio)
- potenza app. motore: 730 HP (superf.) – 520 HP (immers.)
- velocità max.: 14 nd (superf.) – 10 nd (immers.)
- autonomie: in superf.: 2.700 mg a8 nd - 600 mg a 14 nd; in immers.: 170 mg a 2,5 nd - 25 mg a 10 nd
- armamento: 4 tubi lanciasiluri da 450 mm (2 a prora e 2 a poppa); 2 lanciasiluri a gabbia in coperta
- equipaggio (tabella): 19 persone, di cui 2 ufficiali



Ecco una sintesi della sua breve storia operativa.

All’entrata in servizio (12.12.1913) il Smg. PULLINO, al comando del Tenente di Vascello Alberto Bovini, rimane per qualche mese alla Spezia per effettuare l’addestramento iniziale; poi viene assegnato alla 3ª Squadriglia di base a Taranto.
Allo scoppio della 1ª G.M. il battello passa nella 2ª Squadriglia che ha sede a Venezia, da dove svolge numerose missioni offensive nelle acque delle basi austriache nell’Alto Adriatico; 15 nel primo anno di guerra , sempre al comando del T.V. Bovini, e 16 nell’anno successivo (1916), prima al comando del T.V. Carlo De Donato, e poi del T.V. Ubaldo degli Uberti.

Fra le missioni condotte da quest’ultimo, degna di menzione è quella svolta dal 3 al 6 luglio nelle acque di Fiume, quando, il giorno 4, lancia contro due piroscafi austriaci: il San Marco e il Nasazza. Il primo è un bersaglio difficile, perché si presenta di poppa e, quindi, offre una sagoma ristretta. Ciò nonostante, il lancio risulta precisissimo: il siluro fracassa l’elica del piroscafo ma, per disdetta, non esplode. Nel lancio contro il Nasazza, un piroscafetto di modesto pescaggio, il siluro passa sotto lo scafo senza fare alcun danno.



Ma la missione più sfortunata, la 32ª ed ultima, si svolge poche settimane dopo.

Alle 10 del mattino del 30 luglio 1916 il battello lascia Venezia con l’ordine di portarsi davanti a Fiume e lanciare quattro siluri attraverso l’imboccatura di quel porto, per colpire eventuali navi ormeggiate al suo interno o, quanto meno, danneggiare moli e banchine. L’azione vuole essere soprattutto dimostrativa, per produrre effetti psicologici nell’avversario. La rotta di avvicinamento prevede di passare al largo di Capo Promontore (la punta sud della penisola istriana) e di risalire in modo occulto il Quarnaro e il Canale della Faresina; lo scoglio della Galiola, che si trova pressappoco al centro dell’imboccatura del Quarnaro, deve essere lasciato sulla sinistra.

 



La navigazione nelle difficili acque dalmate richiede una pratica che solo i piloti locali possono avere e dei quali, infatti, la Marina si serve. Anche sul PULLINO ce n’è uno, il signor Nazario Sauro, un esperto capitano di lungo corso istriano, che nutre fortissimo il sentimento di italianità e che, allo scoppio delle ostilità fra Italia ed Austria, non ha esitato ad offrirsi volontario alla Marina italiana, nella quale è stato arruolato con il grado di Tenente di Vascello di Complemento.

Nonostante la sua perizia, più volte dimostrata in precedenza, e tutta l’attenzione del Com.te Degli Uberti, poco dopo la mezzanotte fra il 30 e il 31, in una notte buia e fosca, con tempo cattivo e in presenza di correnti che inficiano ogni stima nella navigazione, il Smg. PULLINO va ad incagliarsi su un basso fondale dello scoglio della Galiola. Ogni tentativo per disincagliarlo, alleggerendolo e usando la forza dei motori, è vano; e la situazione va man mano peggiorando, perché la marea è in calo.

A questo punto il Com.te Degli Uberti, resosi conto di non avere più alcuna speranza, ordina all’equipaggio di abbandonare il battello. Si distruggono tutti i documenti, si affondano le bandiere, si danneggiano tutte le apparecchiature di bordo e, dopo aver lanciato alcuni piccioni viaggiatori con messaggi destinati ai comandi a terra (un sistema di comunicazioni che persisteva, sebbene esistesse già la radio), si tenta di organizzare, prima che faccia giorno, la fuga dell’equipaggio con una barca a vela.

Il T.V. Sauro sa che quella è un’impresa disperata, perché la barca sarà presto avvistata e raggiunta, e l’equipaggio catturato e tradotto in prigionia. Ma per lui il pericolo è ben altro: per gli austriaci egli è un traditore, passibile della pena di morte. Infatti, in vista di una sua possibile cattura, è stato concordato di dire che egli è il T.V. Nicolò Sambo, ufficiale in ambientamento sul sommergibile. Egli decide, quindi, di separarsi dagli altri e di allontanarsi con una barca a remi, nella speranza che una fuga solitaria possa rendergli più facile far perdere le proprie tracce.

Ma non c’è scampo né per lui né per gli altri: la barca a vela è raggiunta verso le 7.30 del mattino dalla torpediniera austriaca N.4 e anche lui viene catturato dalla torpediniera SATELLIT. Riconosciuto nella sua vera identità, verrà portato a Pola e là impiccato il giorno 10 agosto 1916.



Il 1° di agosto il PULLINO viene disincagliato dai mezzi della Marina austriaca; ma, per i danni subiti nell’incidente e per i sabotaggi operati dall’equipaggio, il battello affonda mentre viene rimorchiato verso Pola. Sarà recuperato dalla Marina italiana nel 1929 e poi demolito da una ditta privata nel 1931.