Sommergibile "PULLINO"
Il Smg. PULLINO, dal nome del Gen. Ispettore del Genio Navale Giacinto Pullino
che, negli anni fra il 1889 e il 1895, progettò e costruì il
nostro primo battello subacqueo, il DELFINO (1°), era l’eponimo
di una classe di due battelli (l’altro era il FERRARIS (1°)) costruiti
nel R. Arsenale della Spezia alla vigilia della 1ª G.M.
Le sue caratteristiche tecniche erano:
- carena: tipo Cavallini a doppio scafo totale
- profondità max.: 50 metri
- dislocamento: 355 t (in superficie) – 405 t (in immersione)
- dimensioni: 42,30 m (lungh.) – 4,17 m (largh.) –
3,96 m (pescaggio)
- potenza app. motore: 730 HP (superf.) – 520 HP (immers.)
- velocità max.: 14 nd (superf.) – 10 nd (immers.)
- autonomie: in superf.: 2.700 mg a8 nd - 600 mg a 14 nd;
in immers.: 170 mg a 2,5 nd - 25 mg a 10 nd
- armamento: 4 tubi lanciasiluri da 450 mm (2 a prora e 2
a poppa); 2 lanciasiluri a gabbia in coperta
- equipaggio (tabella): 19 persone, di cui 2 ufficiali
Ecco una sintesi della sua breve storia operativa.
All’entrata in servizio (12.12.1913) il Smg. PULLINO, al comando del
Tenente di Vascello Alberto Bovini, rimane per qualche mese alla Spezia per
effettuare l’addestramento iniziale; poi viene assegnato alla 3ª
Squadriglia di base a Taranto.
Allo scoppio della 1ª G.M. il battello passa nella 2ª Squadriglia
che ha sede a Venezia, da dove svolge numerose missioni offensive nelle acque
delle basi austriache nell’Alto Adriatico; 15 nel primo anno di guerra
, sempre al comando del T.V. Bovini, e 16 nell’anno successivo (1916),
prima al comando del T.V. Carlo De Donato, e poi del T.V. Ubaldo degli Uberti.
Fra le missioni condotte da quest’ultimo, degna di menzione è
quella svolta dal 3 al 6 luglio nelle acque di Fiume, quando, il giorno 4,
lancia contro due piroscafi austriaci: il San Marco e il Nasazza. Il primo
è un bersaglio difficile, perché si presenta di poppa e, quindi,
offre una sagoma ristretta. Ciò nonostante, il lancio risulta precisissimo:
il siluro fracassa l’elica del piroscafo ma, per disdetta, non esplode.
Nel lancio contro il Nasazza, un piroscafetto di modesto pescaggio, il siluro
passa sotto lo scafo senza fare alcun danno.
La navigazione nelle difficili acque dalmate richiede una pratica che solo
i piloti locali possono avere e dei quali, infatti, la Marina si serve. Anche
sul PULLINO ce n’è uno, il signor Nazario Sauro, un esperto capitano
di lungo corso istriano, che nutre fortissimo il sentimento di italianità
e che, allo scoppio delle ostilità fra Italia ed Austria, non ha esitato
ad offrirsi volontario alla Marina italiana, nella quale è stato arruolato
con il grado di Tenente di Vascello di Complemento.
Nonostante la sua perizia, più volte dimostrata in precedenza, e tutta
l’attenzione del Com.te Degli Uberti, poco dopo la mezzanotte fra il
30 e il 31, in una notte buia e fosca, con tempo cattivo e in presenza di
correnti che inficiano ogni stima nella navigazione, il Smg. PULLINO va ad
incagliarsi su un basso fondale dello scoglio della Galiola. Ogni tentativo
per disincagliarlo, alleggerendolo e usando la forza dei motori, è
vano; e la situazione va man mano peggiorando, perché la marea è
in calo.
A questo punto il Com.te Degli Uberti, resosi conto di non avere più
alcuna speranza, ordina all’equipaggio di abbandonare il battello. Si
distruggono tutti i documenti, si affondano le bandiere, si danneggiano tutte
le apparecchiature di bordo e, dopo aver lanciato alcuni piccioni viaggiatori
con messaggi destinati ai comandi a terra (un sistema di comunicazioni che
persisteva, sebbene esistesse già la radio), si tenta di organizzare,
prima che faccia giorno, la fuga dell’equipaggio con una barca a vela.
Il T.V. Sauro sa che quella è un’impresa disperata, perché
la barca sarà presto avvistata e raggiunta, e l’equipaggio catturato
e tradotto in prigionia. Ma per lui il pericolo è ben altro: per gli
austriaci egli è un traditore, passibile della pena di morte. Infatti,
in vista di una sua possibile cattura, è stato concordato di dire che
egli è il T.V. Nicolò Sambo, ufficiale in ambientamento sul
sommergibile. Egli decide, quindi, di separarsi dagli altri e di allontanarsi
con una barca a remi, nella speranza che una fuga solitaria possa rendergli
più facile far perdere le proprie tracce.
Ma non c’è scampo né per lui né per gli altri:
la barca a vela è raggiunta verso le 7.30 del mattino dalla torpediniera
austriaca N.4 e anche lui viene catturato dalla torpediniera SATELLIT. Riconosciuto
nella sua vera identità, verrà portato a Pola e là impiccato
il giorno 10 agosto 1916.